Quando il contenitore vale più del contenuto

Il museo per definizione è sempre stato lo spazio della conservazione e dell’esposizione dell’arte. Lo statuto dell’International Council of Museums lo definisce un’istituzione permanente che acquisisce, conserva, comunica e, soprattutto, espone a fini di studio, educazione e diletto le testimonianze materiali e immateriali dell’umanità e del suo ambiente.

Negli ultimi anni il museo ha però superato il suo ruolo tradizionale di contenitore di memorie ed è diventato il simbolo della ricerca espressiva e dell’innovazione architettonica.

Dall’analogia museo-mausoleo teorizzata dal filosofo Theodor W. Adorno, cioè da luogo di conservazione della memoria, si è passati alla valorizzazione del contenitore architettonico che è diventato anche centro culturale pulsante, arricchendosi di nuove finalità e significati simbolici.

Sono sempre più numerose le città che mirano a dotarsi di un hub artistico. L’idea comune è che per rendere appetibile la propria città ad un flusso turistico maggiore (inteso come numero di visitatori/anno) sia indispensabile creare un elemento architettonico unico, strabiliante, fuori dagli schemi così che esso stesso faccia da catalizzatore degli interessi culturali ed economici di turisti e investitori.

Negli ultimi vent’anni è stato questo il trend nella pianificazione degli investimenti nel mondo della cultura. Nel passato recente abbiamo l’esempio della città di Bilbao (Spagna) che ha chiamato alla realizzazione di un proprio museo l’architetto canadese Frank Gehry. A lui è riuscita l’impresa di attrarre visitatori da tutto il mondo a Bilbao, ex città industriale inquinata, che prima del suo intervento non mostrava nessuno appeal turistico. Inaugurato nel 1997 ha incrementato, (in questi quasi vent’anni) un turismo culturale che ha portato enormi entrate a tutti gli operatori in gioco, contribuendo al tempo stesso a creare migliaia di posti di lavoro. Questo è sicuramente stato un ottimo investimento da parte dell’amministrazione cittadina, che ha resistito alle critiche per gli elevati costi di lavorazione e che, a ragione, sono stati interamente ripagati in questi anni.

L’edificio-museo oggi viene concepito come un’opera d’arte spettacolare, come una grande scultura che si inserisce nello spazio urbano, quasi a creare una performance affermando così la sua natura espressiva.

Il museo contemporaneo, prima di rispondere a esigenze funzionali e costruttive, rivendica la propria presenza nel contesto, diventando simbolo della contemporaneità e della dialettica tra architettura e arte,  diventando esso stesso fulcro di tutte le attenzioni dello spettatore-fruitore.

Questo ribaltamento dei ruoli tra contenuto e contenitore fa si che, in molti casi, le collezioni, le opere siano completamente subordinate al contenitore stesso. Questa modifica di ruoli e di significati è, forse, la conseguenza maggiore della libertà eccessiva, nel nome del ritorno economico- turistico, dato agli architetti chiamati a realizzare tali opere. Molti di loro, le cosiddette Archistar, hanno visto nell’incarico della progettazione di un museo l’occasione per affermarsi ulteriormente e mostrare al mondo la propria creatività. Molti progetti sono effettivamente delle riuscitissime sculture, ma peccano in funzionalità e fruibilità degli spazi, mancando proprio nell’unica caratteristica che dovrebbe essere richiesta ad un architetto: la facilità d’uso dello spazio interno così da garantire il migliore allestimento possibile per opere d’arte di forma e formato anche notevolmente differenti.

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