Big Data. L’Oracolo oscuro

Che scarpe compro su Amazon? Ma poi è arrivato quel pacco ordinato su Zalando? Ma la ricetta del soufflé ai funghi era su...? Milioni e milioni di dati sensibili (i nostri) che volontariamente regaliamo come perle preziose alle banche dati mondiali.

Non so voi, ma di fronte alla pagina di ricerca di Google ci si sente un po’ come di fronte ad un oracolo. Se trovi la giusta maniera di porre la domanda puoi ottenere la risposta a qualunque quesito, e ti si apre un mondo. Oggi che la tecnologia ci ha portato la comodità di fare qualsiasi ricerca anche attraverso i nostri smartphone ovunque ci troviamo, soddisfacendo qualsiasi curiosità, tutto ci sembra realizzabile e a portata di mano.

Tradurre una frase? Cercare un prodotto online introvabile? Fare una ricerca su un argomento arcaico? Ricercare gli amici dell'infanzia? Sentire musica? Guardare un film in streaming? Tutto è possibile grazie all'oracolo. Tutto in maniera semplice, veloce e gratuita.

Beh, gratuita non proprio!

Vi siete mai chiesti se Google registra i dati delle vostre ricerche? Non starete sul serio pensando che una volta che avete fatto la vostra bella ricerca le informazioni richieste spariscono nell’oblio di Internet, vero? No, no, no! Google registra tutto! Ogni singola ricerca, interrogazione, richiesta, da dove è partita e a che ora. Magari starete pensando: “Che m’importa?! Non ho mica niente da nascondere!”. Ma sì! Poi in fondo i dati registrati verranno elaborati in forma anonima e lavorati per creare statistiche.

Ma allora che vantaggio ha il Signor Google ad occupare Terabyte e Terabyte di dischi per registrare ogni singola curiosità che andiamo a cercare? I vantaggi ci sono e ormai neanche più tanto nascosti. In principio fu la raccolta punti del supermercato. 

Sicuramente ne avete una nel portafogli. Ogni volta che fate la spesa accumulate punti che poi vi danno diritto a degli sconti o a qualche regalo: le cosiddette carte fedeltà. Sono state il primo metodo di catalogazione delle nostre preferenze. Viene registrata ogni cosa che compriamo, in quale quantità e con quale frequenza. In seguito, quei dati, servono a creare delle offerte mirate alla nostra fidelizzazione, al fine di instaurare un legame di fiducia con un punto vendita, con le nostre marche preferite.

Ma quegli stessi dati sono un bene d’informazioni prezioso e remunerativo. Le nostre scelte, i nostri gusti sono diventati un pacchetto informativo, che parla di noi, ci analizza e ci inserisce dentro analisi e statistiche di mercato. Queste informazioni sono diventate una risorsa da scambiare o da vendere. Tutte le nostre informazioni di base: età, ceto sociale, istruzione, lavoro, tempo libero sono il pacchetto dati necessario ad individuare il compratore adatto a quel prodotto. Semplicemente gli algoritmi statistici segnalano le percentuali di gradimento e volontà di acquisto relativo al prodotto in vendita e/o a prodotti similari o complementari. Tutti dati che vanno ad arricchire i cosiddetti Big Data, enormi database di informazioni analizzate e pronte per essere utilizzati in ogni sfera economica, politica, religiosa o merceologica che sia.

Servizi sempre più confezionati, almeno apparentemente, su misura dell’individuo per permettere a chi investe di poter acquisire conoscenze e scoprire correlazioni insospettabili tra le informazioni registrate. Tecnologie, gadgets ci faranno sentire sempre più moderni, interconnessi e che in cambio non ci chiedono che condividere con loro i nostri bisogni, le nostre vite così da poterli analizzare, valutare, pacchettizzare per rivenderci quello che non ci serve. 

E poi si ricomincia alimentando un circolo senza fine. Questi oracoli moderni saranno sempre più in grado di affinare le previsioni sul futuro e di prendere decisioni ottimali! (Questo è quello che ci raccontano loro!)

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